Il nome “Gerosa” potrebbe derivare dal latino “gerere rosam” (portar la rosa) perché sul suolo di questo paese il clima è mite e dolce e la primavera è sempre più avanti che negli altri luoghi. Il nome potrebbe anche derivare dalla configurazione del terreno molto ghiaioso e sassoso.

Gerosa è come adagiata sul sedile di un grande poltrona con a destra la cresta di Blello, a sinistra le cime del Sornadello e Castel della Regina, alle spalle il Pralongone e ai piedi Foppetta, Foppone e Foppa Calda.

La Forcella di Bura che dà il passo dalla Valle Brembilla a quella di Taleggio segna il confine settentrionale del territorio di Gerosa e il limite estremo della Valle Brembilla. Alla Forcella di Bura sorgeva una grande porta di pietra con arco dell’altezza di 6 metri alla cui sommità stavano infisse due lapidi: quella a lato nord ricordava la giurisdizione dell’arcivescovo di Milano ( Val Taleggio) l’altra dal lato opposto quello del Vescovo di Bergamo. La porta fu abbattuta nel 1856 quando fu costruita l’attuale strada di comunicazione tra la Val Brembilla e la Val Taleggio. Le due lapidi andarono perse.

XIV e XV secolo

Verso il 1300-1400 Venezia parteggiava per i Guelfi (sostenevano l’autorità della Chiesa), mentre Milano per i Ghibellini (sostenevano l’autorità dell’Impero ed erano ostili alla supremazia papale). Brembilla era ghibellina.

Nel 1405 i Guelfi della Valle Imagna e della Valle Brembana assaltarono e bruciarono Gerosa all’epoca legata a Brembilla.

Gerosa da quel evento in poi sembra diventare guelfa e quindi non partecipa alle continue ribellioni che Brembilla faceva contro la Repubblica Veneta.

Nel 1428 i Visconti di Milano con la pace di Ferrara cedono il Bergamasco a Venezia.

Gerosa fece pervenire alla Serenissima la domanda di essere separata da Brembilla e il Senato con una sua ducale del 1442, constatato che Gerosa fu sempre fedele a Venezia, concesse che fosse separata dal Comune di Brembilla ( ostile a Venezia) ed equiparata nei privilegi ai paesi della Valle Brembana inferiore.

XVII secolo

Il 1630 fu un anno di carestia e di peste. I Lanzichenecchi erano stati chiamati in Italia da Re Carlo V. Attraverso i Grigioni e la Valtellina penetrarono in Valsassina e dilagarono nella pianura depredando e bruciando case. Al loro seguito c’erano vari appestati che infettavano ovunque il loro male.

Nel 1630 il 22 agosto la Vergine Maria apparve in sogno alla pastorella Diana Locatelli e le disse che, chi si fosse recato in pellegrinaggio al Santuario della Madonna della Foppa, sarebbe stato preservato dalla peste. Per quindici giorni migliaia di persone si recarono al Santuario con la speranza di ricevere una grazia ed avere un pezzo del drappo che la pastorella Diana indossava al momento dell’apparizione. Tutti i registri anagrafici precedenti al 1630 furono bruciati per evitare che restassero germi infettivi. A Gerosa ci furono 27 morti a causa del morbo da fine agosto a inizio novembre e furono pochi se si considera che nella pianura e in città si arrivò a una mortalità di circa il 40% della popolazione che colpì soprattutto bambini e anziani.

Tratto dal libro “Gerosa e il suo Santuario” di Don Ettore Persico Edizioni Imprimatur 1986